Anche Vasco lo dice “voglio trovare/un senso a questa vita”. Eppure a volte faccio fatica pure a trovare le chiavi di casa (specie quando siamo in ritardo), figuriamoci se ricordo dove ho lasciato la chiave del significato della vita!
Stamattina leggo della complessa storia di Viktor Frankl, Psichiatra, neurologo, sopravvissuto all’Olocausto e fondatore della logoterapia. Nel suo libro Man’s Search for Meaning, intreccia testimonianza personale con riflessione filosofica e psicologica, descrivendo con dettagli spietati gli orrori della vita nei campi: il suo focus pero’ non è sul vittimismo — è sulla scelta. Più volte osservò che anche in condizioni in cui gli individui erano stati privati di tutto — nome, famiglia, libertà, beni — coloro che mantenevano un senso di scopo, anche il più piccolo, avevano maggiori probabilità di sopravvivere. Frankl insegnava che il significato può essere scoperto in tre modi
Il significato attraverso il lavoro creativo (alias: fare, creare, metterci del proprio)
Frankl metteva al primo posto il senso che nasce dall’agire: lavorare, creare oppure contribuire a qualcosa di più grande. Dalla penna al martello, dai disegni improvvisati ai gesti di cura quotidiana, è proprio quando usiamo ciò che sappiamo fare – anche fosse solo preparare il caffè a chi amiamo – che sentiamo di lasciare un’impronta. Qui l’Ikigai fa capolino: chi trova il “perché” nei piccoli gesti, nelle attività fatte col cuore, scopre che ogni contributo può fare la differenza, indipendentemente dalla grandezza apparente.
Il significato dalle esperienze e dalle relazioni (quelle vere che scaldano)
La seconda via ci invita a cercare il senso vivendo e creando legami veri. Le connessioni sincere con le persone, la natura, la bellezza che ci circonda sono la vera fonte di vitalità. Che sia un abbraccio, una passeggiata in mezzo alla natura o una chiacchierata profonda, la vitalità nasce proprio dalle connessioni: la vita, semplicemente, chiede presenza.
Il significato dall’atteggiamento verso la sofferenza (anche quando la vita ci mette alla prova)
E qui Frankl ci offre la sua lezione più luminosa: il significato lo si trova anche — e forse soprattutto — nel modo in cui affrontiamo le difficoltà inevitabili. Non sempre possiamo scegliere ciò che ci accade, ma possiamo sempre scegliere come rispondere.
Qui la domanda non diventa più “Cosa voglio dalla vita?” ma “Cosa vuole la vita da me?”
Questo cambio di prospettiva ti sposta dall’essere consumatore di esperienze al diventare contributore, dal cercare fuori al lasciarti chiamare dentro. Meno distrazione, più profondità; meno ego, più anima.
Frankl lo sintetizza così: "Chi ha un ‘perché’ per vivere, può sopportare quasi ogni ‘come’."
Il significato non è sempre comodo, ma è sempre autentico
Alla fine, cercare il senso non coincide con una felicità pronta all’uso. Ci sono giorni in salita, altri in cui tutto sembra un po’ fuori posto. Ma proprio lì, quando scegliamo di ascoltare cosa la vita ci chiede, iniziamo davvero ad abitare il nostro “perché”. E scopriamo che anche un calzino spaiato può riscaldare, se indossato con il giusto spirito.
Ti senti anche tu in cerca di questo “perché”? Io ci sto ancora lavorando… senza formule magiche, ma con la mia ricerca.

Even Vasco, a famous italian singer, whispers it: “I want to find a meaning to this life.” Yet sometimes I struggle even to find my house keys (especially when I’m late) – let alone remember where I left the key to the meaning of life!
This morning I was reading about the complex story of Viktor Frankl, psychiatrist, neurologist, Holocaust survivor, and founder of logotherapy. In his book Man’s Search for Meaning, he intertwines personal testimony with philosophical and psychological reflection, describing in unflinching detail the horrors of life in the camps. Yet his focus isn’t on victimhood—it’s on choice. He often observed that even in conditions where people were deprived of everything—name, family, freedom, possessions—those who maintained even the smallest sense of purpose had a higher chance of surviving.
Frankl taught that meaning can be discovered in three ways:
Meaning through creative work (in other words: doing, creating, putting part of yourself into something)
Frankl placed greatest importance on the sense that arises from action: working, creating, or contributing to something greater than oneself. From pen to hammer, from impromptu drawings to acts of daily care, it’s precisely when we use what we know how to do—even if it’s just making coffee for someone we love—that we feel like we’re leaving our mark. Here, Ikigai comes into play: those who find their “why” in small gestures and heartfelt activities discover that any contribution can make a difference, regardless of its apparent size.
Meaning from experiences and relationships (the real ones that warm us)
The second path invites us to seek meaning by living and creating genuine connections. Deep bonds with people, nature, beauty around us—these are the true sources of vitality. Whether it’s a hug, a walk in nature, or a deep conversation, vitality arises from connection: life simply asks for our presence.
Meaning from our attitude toward suffering (even when life tests us)
Here Frankl offers his brightest lesson: meaning can be found even—perhaps especially—in the way we respond to inevitable hardships. We can’t always choose what happens to us, but we can always choose how to respond.
Here, the question is no longer, “What do I want from life?” but “What does life want from me?”
This shift in perspective moves you from being a consumer of experiences to being a contributor, from always searching outside yourself to allowing yourself to be called inward. Less distraction, more depth; less ego, more soul.
Frankl summarizes it this way: “Those who have a ‘why’ to live can bear almost any ‘how’.”
Meaning isn’t always comfortable, but it’s always authentic
In the end, seeking meaning doesn’t equal ready-made happiness. There are uphill days, others when everything seems out of place. But right there, when we choose to listen to what life asks of us, we truly begin to inhabit our “why.” And we discover that even a mismatched sock can keep you warm—if you wear it with the right spirit.
Do you also feel you’re searching for your “why”? I'm still working on that: no magic formulas are available yet!
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